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Recensione Odissea Digitale


Actar architettura, alloggi a Cetua, Spagna (1998)
Sistema a gradoni di fronte al mare dove le unità residenziali, sempre diverse, si combinano in un paesaggio artificiale.


Come in un viaggio immaginario, IAN+ ci conduce attraverso la ricerca di un sistema di pensiero e di esperienze comuni nella ricerca informatica e nella convivenza tra reale e virtuale.
Il titolo “Odissea Digitale” denuncia da subito le intenzioni di cercare delle risposte nel bacino mediterraneo vagando di costa in costa per mari e terre sconosciute proprio come Ulisse. Tuttavia se noi lettori siamo Ulisse, IAN+ è il nostro Omero, riguardoso di non farci sbarcare in terre ostili ma solo in luoghi “nuovi” ed inesplorati dove la ricerca informatica crea un filo conduttore fra i diversi tipi di ricerche condotte nel Mediterraneo.
Sono molti i protagonisti di questo viaggio (Eric Ruiz, Actar Vincente Guallart, Willy Muller, Francoise Roche, Federico Soriano, Ammar Eloueini, IAN+, Ma0, Cliostraat, ecc.) e tutti hanno qualcosa in comune.
Il primo argomento comune è che il digitale non è più solamente un mero strumento di progettazione architettonica, bensì si tratta di qualcosa di molto più articolato ed esteso, proprio come la rete stessa. L’essere in rete, sempre collegati, scaturisce in noi un nuovo modo di pensare e di comunicare, multidisciplinario e contemporaneamente su diversi livelli espressivi.
“La comunicazione attraverso le reti è talmente vicina alla cultura e alla società stessa che l’introduzione massiccia di nuove tecnologie ha degli effetti molto più complessi di un semplice rinnovamento industriale.” 
-Kevin Kelly, Nuove regole per un nuovo mondo, Ponte alle Grazie, Milano 1999
Giovanni D'Ambrosio, Kindergarten, Bali (2003)
L'asilo è un'architettura estremamente semplice ma è anche capace di trasformare il territorio senza però consumarlo

Un tema su cui tutti gli architetti prima citati si confrontano è il tema del territorio, e di come il concetto di trasformazione di quest’ultimo stia cambiando. Se prima per costruire città bisognava “consumare” territorio, la società dell’informazione ha il compito di preservarlo e spostare le logiche di consumo verso nuovi orizzonti, contribuendo a cambiare radicalmente le idee di architettura e di urbanistica.
Le espansioni delle città sono incontenibili, quindi c’è una reale necessità di capire e sviluppare un nuovo modo di espansione che riesca a connettere, o meglio riconnettere, pezzi di città.

Bernard Khoury, B018, disco bar, Beirut (2001).Un meccanismo di apertura e chiusura della  copertura trasforma e cambia le qualità spaziali dell'edificio e del territorio circostante.

Fra le molte riflessioni sulle dinamiche urbane contemporanee, il contributo di IAN+ risulta decisivo soprattutto per la sua tendenza ad accomunare architettura e sistema vivente, inteso come un sistema che riesce a creare una serie di relazioni con il paesaggio che riescano a trasformare il territorio piuttosto che consumarlo.
 Il contributo dato dalle esperienze dei progettisti è utile per tracciare una base all'approccio informatico nell'architettura ma forse non è abbastanza. Una ricerca concettuale del rapporto tra architettura, territorio, paesaggio, arte e digitale può produrre un’infinità di idee, e qui ne sono raccolte solo alcune (anche nell'introduzione ai progetti si riconosce questa limitazione).
Nonostante ciò approcciare ad un libro che riesca a racchiudere in se diverse esperienze, ma con molte similitudini, non può altro che creare una rete  e indurci a cercare nuove reti che mettano in relazioni progetti apparentemente differenti secondo nuove ottiche interpretative.
IAN+, con Marco Galofaro, Nuoci Territori (o Microutopias), Biennale di Venezia (2003)
Il progetto si basa su due concetti fondamentali: riciclare l'architettura e riciclare gli armamenti per creare nuovi territori in movimento

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