Peter Vector
Peter Eisenman, foto Cris Wiley |
Se c’è un architetto che muove questo ragionamento dei
vettori come elemento fondante del proprio pensiero architettonico è Peter Eisenman
Peter nasce come architetto e come studioso di architettura
sulle tracce del lavoro di Terragni, che influenza tutta la vita di Eisenman,
diventando un riferimento ed un’ossessione in senso positivo e analitico.
Conosce Terragni attraverso Colin Rowe, suo mentore, che lo
conduce in Italia alla scoperta di alcuni capisaldi italiani, tra cui Terragni.
Colin Rowe è uno dei principali architetti che determina uno
scollamento tra il momento formale dell’architettura e gli altri aspetti,
mentre fino ad allora il mondo architettonico e le scelte che si facevano erano
tutte coerenti tra di loro.
Eisenman si concentra unicamente su due opere: La Casa del
Fascio (1936, Como), Casa Giuliani-Frigerio (1943, Como).
Nella Casa del fascio l’operazione è uno scavo di un semi-cubo,
pur essendo un volume puro si crea un movimento dinamico, non ha una
monumentale.
La Casa Frigerio è invece un’esplosione di volumi, è un
linguaggio più neoclassico.
Analizzando la House di Eisenman si nota un’azione
sintattica delle opere di Terragni. Eisenman mette insieme il mondo della
sottrazione e quello dell’esplosione creando un’implosione. Il progetto h un
volume che trattiene le forme ma allo stesso tempo ha un tipo di esplosione
verso l’interno, dove lo scollamento delle parti arriva verso l’interno. L’idea
dell’implosione non è esplicitata dall’autore, bensì è una reinterpretazione
che ci da nuove chiavi di lettura e crea un’apertura di significato che ha
implicitamente un altro livello di senso, che diventa uno strumento.
In questa prima fase c’è un Eisenman formalistico, il che
significa che le prime case sono fomali ma non molto funzionali, vengono descritte
addirittura come trappole.
L’arte concettuale degli anni ’70 ha un certo impatto nella
cultura e negli architetti d’avanguardia. SI parla di un’estremizzazione della
formalizzazione in questo periodo.
Ma l’oggetto che nasce in maniera concettuale, alla fine va
venduto, c’è uno studio tutto sintattico della genesi della House III,
Lakeville, Connecticut, partendo dal cubo si operano una serie di operazioni
fino ad arrivare ad un’opera che appare estrema e quasi gratuita.
Nella House IV ricombina delle idee della House II, Tornando
un po sui suoi passi.
Tutte queste case sono composizioni su un vassoio, non hanno
nessun ragionamento con il territorio, l’intorno o il sole.
La House X rende conto almeno di uno dei fattori fattori,
l’orografia. La casa si organizza sull’idea della quadripartizione del volume.
Su questo tema della quadripartizione c’è un’opera di Terragni, il Danteum, e
l’idea di Wright che ogni casa deve avere due pareti aperte.
La casa ha una quadripartizione logica e funzionale, non più
cosi formale, inoltre qui Eisenman inizia ad usare una serie di palette
particolari dove introduce la Rete. La casa trova un equilibrio tra la forte
carica sintattica e la sua funzionalità. Per una serie di sfortune questa casa
non viene costruita e l’architetto cade in una profonda fase di depressione.
In questa fase (1970 circa) avviene una “crisi” dovuta
all’ondata Post-moderna. in cui nel mondo dell’architettura non emerge il tipo
di approccio
Ma sta vincendo il Post-modernismo, un’architettura tendenzialmente
ambientalista, piuttosto che astratta, tende al mimetismo piuttosto che ad
apparire formalmente.
L’ondata Post-moderna ha una spinta molto forte anche in
Italia.
Un personaggio come Eisenman rimane totalmente spiazzato in
questo contesto perché la direzione dell’architettura va da un'altra parte.
Micheal Graves diventa una figura
di riferimento del Post-modernismo.
In questo periodo la crisi personale di Eisenman si unisce a
quella professionale.
Per affrontare la crisi inventa un modo tutto suo di
affrontare il tema del luogo (uno dei punti fondamentali posti dal
post-modernismo). In questo caso nasce un “Secondo Eisenman”.
Il progetto chiave dove entrano in gioco questi meccanismi è
l’Edifico d’Abitazione per l’IBA, Checkpoint Charlie, Berlino, 1981-85.
Elabora l’idea di lavorare sul PALINSESTO (sono quelle carte
medievali in cui si scrivevano gli atti, ma siccome la pergamena costava, una
volta finito di scrivere l’atto si cancellava e si riscriveva sopra, tuttavia
rimaneva la traccia de primo atto sotto). La maglia ruotata che sceglie per
l’edificio è una maglia appartenuta alla Berlino precedente, poi c’è un altro
layer, o palinsesto, che è la maglia più recente. Quindi introduce il layer che
crea indipendenza, e non dipendenza, che crea geometrie e diciture che creano
un dictat sul nuovo progetto.
Eisenman riammaglia l’operazione con almeno due layer dove
il palinsesto diventa l’idea cardine.
Il tema dei layer e dei palinsesti diventa un tema
ricorrente nei progetti di Eisenman di questo periodo, come nel progetto del
Parco della Villette a Parigi o l’University Art Museum in California.
Nel 1988 nasce la mostra del Decostruttivismo, che sotterra
il Post-modernismo, con l’occasione vengono esposti alcuni progetti di
Eisenman. I suoi progetti hanno comunque un’organizzazione tipologica molto
chiare.
Con il Wexner Center for the Visual and Fine Arts (1983-89) nasce una nuova idea: l’IN-BETWEEN. È
invitato a fare l’espansione di edifici di un Campus in Ohio. La scelta non è
quella di prendere un lotto vuoto ma di lavorare al suo interno. Progetta una
galleria tra gli edifici che si insinua nella griglia esistente andando a
creare dei nuovi servizi dietro gli edifici esistenti, è proprio il dietro
degli edifici a diventare il fulcro del progetto.
Nella Casa Guardiola, Santa Maria del Mar, Cadice (Spagna
1988) sovrappone delle “L” e fa ruotare di 15° un cubo sull’altro. Eisenman fa
un “dondolio” e rimette in gioco una sintassi scoperta in pittura (futurista) e
rimasta dormiente per 70 anni. Il dondolio diventa spazio reale e virtuale,
diventa tutto un campo di possibilità, questa sorta di legenda delle operazioni
sintattiche del progetto danno indicazioni delle molteplici possibilità di
interpretazioni del progetto stesso.
Nella Facoltà di architettura, Università di Cincinnati (Ohio
1988-81) c’è una sintesi della sua poetica, procede con l’addossamento e
l’In-Between in primis. Poi fa curvare e dondolare i layer, creando dei
palinsesti astratti (che non hanno nessuna semantica ma sono prodotti dal
dondolio) che creano una serie di campi virtuali attraverso il quale gioca il
progetto.
Nasce una nuova idea che si svilupperà molto negli anni
successivi nel Greater Convention Center, Columbus (Ohio 1989-93). In questo
progetto l’architettura si fa SUOLO (forse ripreso dalla poetica di Zaha
Hadid).
Nel Rebstock Park, Quartiere Residenziale. Francoforte 1990,
ci sono delle giaciture su diversi livelli che generano dei giochi volumetrici,
il che fanno si che un masterplan non sia solo un formale funzionalismo ma un
insieme di informazioni e strati.
La Chiesa per l'anno Duemila (Roma 1996) presenta l’idea che
la funzione si svolga nel Canyon e si svolge in un nuovo spazio mistico.
L’architettura diventa quindi una sorta di suolo.
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